Sii naturale

Shinichi Suzuki Sensei’s 
Quattro principi 

E allora?
Non fare nulla
Sii naturale
Non preoccuparti, sii felice

Onegaishimasu. È molto bello vedervi tutti. Posso leggere lo Shokushu, per favore? Stasera vorrei leggere il Kyudoshin, la “Via che cerca la mente”. ” 

“La mente che cerca di chiarire la pratica e la via dell’universo è chiamata Kyudoshin, o la mente che cerca la via. Gli animali non sono in grado di conoscere la mente universale anche se sono molto intelligenti. Questo è un privilegio che solo gli esseri umani possiedono. Quanto sono fortunate le persone che manifestano una mente che cerca la via, perché questa è la prova esatta che hanno scoperto la loro vera natura umana. ”

C’è spesso confusione su cosa si intende per “naturale”.

Cos’è che ci spinge ad avvicinarci ad una pratica di autosviluppo come l’Aikido? Rivolgersi a una pratica per rafforzare la nostra connessione con la nostra vera natura è una cosa naturale da intraprendere per un essere umano.  Ma la domanda è: cos’è che ci avvia lungo questo percorso?

Per iniziare questo viaggio, dobbiamo prima notare che c’è una connessione tra il nostro processo di pensiero, le sensazioni che sperimentiamo nel nostro corpo e il movimento del nostro corpo. Forse non abbiamo idea di come potrebbe essere una pratica autentica, ma almeno notiamo questa connessione tra mente e corpo.  

Per molti, questa naturale osservazione interiore può non essersi ancora verificata. Tuttavia, ad un certo punto, ci può essere un piccolo flash di risveglio e la realizzazione improvvisamente ci sovviene quando ad esempio alteriamo il modo in cui pensiamo di una persona o un evento ed automaticamente alteriamo il modo in cui ci sentiamo. 

Le sensazioni di tensione e disagio nel nostro corpo derivano dal pensiero difensivo o negativo, di solito incolpando qualcun altro per la nostra condizione emotiva. Questa tensione a sua volta porta a una rigidità del corpo, a movimenti fisici goffi e alla mancanza di efficacia in qualsiasi situazione. Naturalmente, ci sono tanti tipi di attività piacevoli che possiamo trovare per alleviare temporaneamente quel senso di tensione, ma questo ritorna non appena la distrazione piacevole si esaurisce. 

Notarlo è solo la fase iniziale della nostra pratica. Naturalmente, una volta che cominciamo a prestare attenzione in questo modo, non siamo automaticamente liberi da questa reattività emotiva.  Ci vogliono anni di lavoro per arrivare ad un livello profondo di equanimità. Fino ad allora ed anche oltre, continuiamo ad avere l’incertezza sulla causa che porta a questo tipo di tensione nel nostro corpo.

Possiamo arrivare a momenti nel dojo, o fuori dal dojo, in cui ci liberiamo improvvisamente, tutto in una volta, da questa rigidità interiore. Nello Zen lo chiamano “kensho“. È un piccolo risveglio, una sbirciata a ciò che potrebbe essere la libertà dalla tensione. Inaspettatamente, si verifica una sorta di apertura e ci troviamo in uno stato simile alla nostra vera natura. Poi, naturalmente, il giorno dopo o giù di lì, la confusione e la tensione ritornano.

Si dice che i buoni insegnanti non chiedono mai agli studenti niente che non chiedano a se stessi.  Ma un grande insegnante chiede sempre allo studente ciò che lo studente non chiede a se stesso e scoprire ed eliminare la causa di questa tensione interiore è quel “cosa”.  Ogni persona sulla terra, che è consapevole di questo, sta cercando di scoprire come lasciarlo andare e sostituirlo con una morbida, pastosa, amorevole gentilezza nella sua vera natura. 

Koichi Tohei Sensei ha chiamato la condizione che è libera da questa tensione “unificazione mente/corpo”. “I Quattro Principi di Libertà di Suzuki Sensei puntano tutti a questa unificazione mente/corpo. Ciò significa che “Sii Naturale”, proprio come gli altri tre principi, punta fondamentalmente a questa stessa condizione di profonda e originale consapevolezza.

Una cosa che è naturale per tutti noi è prendersi cura di un altro essere in modo protettivo. Per sostenere questa idea, Suzuki Sensei si affrettava sempre a tracciare una differenza tra “essere normale” ed “essere naturale”. Ciò che è “normale” per noi è generalmente ciò che è abituale.  Ciò che è normale per noi potrebbe essere ciò che accettiamo di noi stessi perché ci siamo abituati.  In questo caso, potremmo pensare che qualcosa a cui siamo assuefatti sia semplicemente “naturale” perché è il modo in cui siamo sempre stati, o è quello che fanno molte altre persone. Ma Suzuki Sensei direbbe di no, questo può essere normale, ma non è necessariamente naturale. Naturale è una caratteristica della mente originale. Un’abitudine è qualcosa che è stato aggiunto alla mente originale. In altre parole, “naturale” si riferisce alla nostra condizione originale, la nostra vera natura, e non è abitudinaria ma sorge nuova e spontanea in ogni momento. 

La naturalezza è una qualità del nostro vero sé, o vera condizione. Questa è una condizione sconfinata e quindi indescrivibile. Anche così, è un modo semplice di essere completamente a proprio agio con qualsiasi condizione prevalga, naturalmente.  Potremmo essere circondati da persone che hanno poca idea di come essere naturali, o potremmo essere circondati da persone che sono fedeli a questa condizione originale.  In entrambi i casi, la nostra pratica è quella di rimanere naturali quando ci troviamo con altri di qualsiasi condizione. Questo tipo di cura non giudicante è anche ciò che Suzuki Sensei chiamerebbe naturale.

Prendiamo un momento per parlare del test di Ki. Quando mi avvicino a uno studente per fagli un Ki Test, egli spesso diventa molto serio. Spesso gli studenti indossano quella che io chiamo un’ “espressione da Aikido”, e lo fanno per darmi l’impressione che essi sono molto seri da questo affare di Ki-test, che sono sinceri e che ce la stanno mettendo tutta per riuscire a passarlo. Questo non è mai naturale, e non funziona mai. Non possiamo passare un test di Ki se non siamo naturali, e non fa bene cercare di creare uno stato naturale artificialmente. 

Questo insegnamento “essere naturali” ha sempre viaggiato in parallelo con la taiga, la condizione universale. La naturalità ci offre una sorta di vera libertà dall’artificiale che è senza limiti e piena di possibilità autentiche. Questa è la taiga, e questa è la nostra condizione naturale.  Quando agiamo con consapevolezza, ci accorgiamo sempre quando stiamo fingendo. Se non lo notiamo mentalmente, è probabile che lo sentiamo nel nostro corpo, perché ogni volta che non siamo naturali, percepiamo questa tensione nello stomaco. Ecco perché il nostro allenamento di Aikido inizia sempre col mantenere il punto unico nel nostro basso addome. Essere naturali e liberi nel corpo è fondamentale.

Proviamo a fare un esperimento.  Chiudiamo gli occhi e ascoltiamo qualsiasi cosa possiamo sentire, dentro di noi o fuori di noi. Dentro, potremmo sentire il sangue che scorre nel nostro corpo. Fuori, possiamo sentire gli uccelli, il vento, qualcuno che lavora nell’altra stanza, una macchina che passa, ecc. E quando ascoltiamo, ascoltiamo tutto insieme, fuori e dentro. Stiamo ascoltando proprio come un grande orecchio, prendendo tutto in una volta. Ascoltiamo tutto insieme, senza prendere ogni suono separatamente, e senza commenti o giudizi. 

Ok, ora possiamo aprire gli occhi. Mentre stavamo ascoltando poco fa, non sentivamo alcuna tensione nel nostro corpo, giusto? Se stiamo ascoltando con piena consapevolezza e senza ego-riferimenti, allora dobbiamo essere liberi dalla tensione. Essere naturali significa semplicemente essere in uno stato di piena e riposante consapevolezza nel nostro corpo. Prestiamo attenzione al centro stesso come centro di tutto, il nucleo stesso della naturalezza, il Punto Unico nel basso addome. Potremmo sperimentare allo stesso modo con la vista, l’olfatto, il gusto o il tatto, ma il suono funziona molto bene perché possiamo facilmente chiudere gli occhi e dare la nostra completa attenzione ai suoni, dentro e fuori. 

Tutti e quattro questi principi di Suzuki Sensei, come detto, portano fondamentalmente alla stessa cosa, che è l’unificazione mente/corpo, o verso l’esperienza della nostra condizione naturale o originale.  E’ importante notare che questa esperienza originale non è piena di dubbi o preoccupazioni, o qualsiasi grado di tensione, ma è pregna di un senso di sollievo e libertà. Potrebbe anche esserci una sensazione di vuoto interiore, poiché questa condizione naturale è priva di quelle caratteristiche che hanno sempre tenuto la nostra mente occupata e preoccupata.

Quando sentiamo parlare di “vuoto” o “mente vuota”, questo significa che ciò che chiamiamo “mente” è un fondamento invisibile su cui tutte le cose si riuniscono e si manifestano. Questo è molto simile a guardare in uno specchio.  Non vediamo il vetro o l’argentatura dietro quel vetro che permette il riflesso.  Vediamo solo ciò che viene riflesso. La mente stessa non può essere vista in quanto tale, poiché non c’è nulla da vedere.  Quando cerchiamo la mente, o il sé, o la coscienza, vediamo solo ciò che attualmente riempie quel vuoto, o spazio vuoto, non lo spazio stesso.  

Naturalmente, la meditazione è il modo principale per sperimentare questo stato naturale. Anche quando ci fermiamo e concentriamo la nostra attenzione su uno dei nostri sensi, come abbiamo appena fatto attraverso l’ascolto, troviamo che diventiamo immediatamente più calmi.  La calma è naturalmente l’effetto collaterale del prestare attenzione, del riposare nella consapevolezza.  Tutti noi troviamo che questo sia vero, e ci piace molto avere anche la più piccola esperienza come questa. È un grande sollievo per molti, perché di solito è la prima volta che c’è un’esperienza di assenza di tensione nel corpo. Possiamo dire che è come “Non fare nulla”, o “E dunque?”, o “Sii naturale”, e infine è anche come “Non preoccuparti, sii felice!”  Tutti e quattro questi sono modi diversi di esprimere ciò che alla fine porta a questa stessa condizione. 

Potremmo pensare: “Questo va bene quando siamo seduti fermi e soli nella nostra stanza.  Ma che dire di quando dobbiamo uscire e stare con la gente? “Come possiamo portare questo senso di libertà con noi? Questa è una domanda comune che in molti ancora si pongono. Prima abbiamo un senso di libertà dalla preoccupazione e dalla tensione quando stiamo seduti fermi, e poi cerchiamo di portare questa sensazione con noi quando ci avviciniamo alle nostre faccende quotidiane. Però, abbiamo sperimentato quella sensazione di sollievo dalla tensione come risultato dell’azione intrapresa mentre meditavamo all’inizio della giornata. Se deve sorgere ancora una volta in questo momento, allora deve accadere spontaneamente ora.  Non possiamo portare il senso di pace che avevamo prima e farlo riattivare più tardi. Per essere naturale e vero qualcosa deve nascere in questo momento, come un aspetto del nostro stato d’animo attuale.  

Parte del motivo per cui è così, è che non ricordiamo le cose correttamente. Immaginiamo di aver fatto qualcosa al fine di sentirci tranquilli, quindi cerchiamo di ripeterlo. Ma in realtà non abbiamo fatto qualcosa. Invece, abbiamo iniziato ad ascoltare ed abbiamo smesso di cercare di agire, e così facendo abbiamo permesso alla calma di prendere posto in noi ancora una volta.  Diventare profondamente calmi è ciò che accade quando siamo profondamente immerse nell’attenzione, notando realmente ciò che sta accadendo.  La nostra piccola mente dell’ego è temporaneamente inattiva, e lasciamo andare il tentativo di fare qualcosa. Non stavamo facendo nulla quando abbiamo sperimentato questa sensazione in origine, quando abbiamo permesso che sorgesse in noi, quindi dobbiamo entrare ancora una volta in questo stato a cui Suzuki Sensei sta indicando così fortemente.  Questa calma è la nostra condizione naturale. 

Ovviamente, questo permettere a noi stessi di essere naturali richiede pratica. Un aspetto importante è l’accettazione della situazione che percepiamo come la nostra vita.  Se non possiamo accettare noi stessi e la nostra condizione attuale, come possiamo essere naturali? Non importa ciò che si presenta davanti a noi, lo dobbiamo comunque abbracciare, e abbracciandolo, possiamo sperimentare un’accettazione. Possiamo possederlo. Tuttavia, se spingiamo contro di esso, resistiamo ad esso, o lo giudichiamo sbagliato, allora non ci può essere nessuna proprietà, e nessuna pace. Quando usiamo la nostra mente in quel modo resistente, non sorprende che poi creiamo più tensione, perché quelle azioni nascono da pensieri negativi pieni di preoccupazione. È importante che ci esercitiamo a non mettere nulla nella nostra mente subconscia che si manifesterà più tardi come tensione.

Stiamo sempre imparando ad ascoltare senza giudizio, ad ascoltare senza colorare ciò che pensiamo, senza incolpare gli altri, senza causare più disturbo del necessario.  Il mondo è già abbastanza difficile.  Perché fare qualcosa per peggiorarlo? Questo è il senso di tutta la pratica, imparare a stare in presenza del conflitto con una mente calma e accogliente. 

Perché siamo qui sulla terra in questo corpo in questo momento? Se non possiamo rispondere a questa domanda immediatamente, senza esitazione, allora potremmo voler considerare questa domanda molto più profondamente. Il primo momento in cui incontrai Suzuki Sensei mi disse: “Questo è un allenamento di vita e di morte”. Questa è la prima cosa che mi disse, mentre mi inseguiva in un angolo del dojo con una spada di legno da allenamento.  Disse:  “ Questo è “shinken shobu, vita e morte.  Perciò chiediti: “Perché sono qui?”  Lo sai?  Se no, scoprilo!  “

Tutti hanno vissuto una pandemia. Ora a tutti viene forse ricordato che questa è una situazione di vita e di morte, ed è completamente imprevedibile. Naturalmente, questo è sempre il caso, ma ora questo è stato portato alla nostra attenzione un po’ più chiaramente.  E ci sono molte altre cose che possono metterci in pericolo, oltre a un virus. Ci sono le malattie cardiache, il cancro, le armi, tutti i tipi di incidenti. Di solito, quando non c’è una pandemia, tendiamo a dimenticare l’immediatezza e la potenziale finalità di ogni momento di questa vita.  

La chiave della nostra pratica è notare, accorgersi di cosa sta succedendo in tutta la nostra mente e nel nostro corpo. Quando abbiamo un pensiero negativo, possiamo essere abituati a quel pensiero in quel modo, e non realizzare immediatamente che è anche negativo.  Tuttavia, possiamo sapere qual è la natura del pensiero se possiamo sentirlo nel nostro corpo. Perciò non pensiamo solo ad un’azione, ma sentiamo anche nella pancia e nel cuore. Sentiamo nel nostro corpo e notiamo con tutto il nostro essere: “È questo che voglio nella mia vita?”.

Ogni volta che ci accorgiamo veramente che abbiamo una reazione negativa a qualcosa, diventiamo più familiari con il condizionamento che ha causato quella reazione. Più cominciamo a notarlo, più esauriremo quella tendenza, soprattutto se riusciamo a vedere come provoca danni a noi stessi e agli altri. Ad un certo punto,  vedremo la reazione più chiaramente nel suo insieme, e perderà il suo potere di farci reagire in quel modo. Ma sicuramente non smetterà di accadere se solo diciamo a noi stessi: “Non dovrei più farlo. Devo smettere di farlo.“.  Se cerchiamo di dire al nostro sé che non dovremmo fare qualcosa, quello è il sé che lo dice al sé.  Come reagiamo di solito quando qualcuno ci dice di non fare qualcosa che siamo abituati a fare?  Non bene! La vita raramente funziona così. Quello che funziona è notare, riconoscere una reazione esattamente per quello che è. Una volta che la vediamo accadere, l’evoluzione avviene, naturalmente.

Quando decidiamo di avvicinarci a qualche forma di formazione spirituale, di solito diciamo che vorremmo conoscere meglio noi stessi. Questo “notare” è il modo in cui funziona. “Conosci te stesso”. “Arriviamo a conoscere il nostro sé notando. La pratica è accorgerci di quando siamo naturali e liberi e di quando non lo siamo. E quando non lo siamo, non dobbiamo fare nulla, tranne che vederlo veramente per quello che è.  Se manteniamo l’attenzione, i nostri pensieri e le nostre azioni cambieranno automaticamente.  Questo è l’unico modo in cui avviene un cambiamento vero e duraturo.

Non dobbiamo, però, rendere la vita più difficile desiderando un risultato immaginario. Abbiamo solo la capacità di attenzione che abbiamo in questo momento, e non ne abbiamo più di quella. Man mano che pratichiamo di più, costruiremo gradualmente una maggiore forza di attenzione. Man mano che ci sviluppiamo, saremo in grado di notare ad un livello molto più profondo.

Quando siamo impegnati in questa pratica, e perdiamo temporaneamente la nostra attenzione preoccupandoci di qualcosa, ricordiamo semplicemente a noi stessi che stiamo praticando l’osservazione. Poi torniamo indietro. Questo è tutto. Molto semplice.  E non ci picchiamo accusandoci di aver fallito. No. No. Semplicemente permettiamo alla nostra attenzione di tornare alla consapevolezza del presente. Questo è proprio come andare in palestra per costruire la forza muscolare. Dobbiamo sollevare i pesi ripetutamente, altrimenti il muscolo non diventa più grande, giusto? Non possiamo solo guardare i pesi. Dobbiamo effettivamente sollevarli, ancora e ancora.  Allo stesso modo, nella meditazione e nella vita quotidiana, solleviamo la nostra mente in uno stato di attenzione, di ascolto, e ogni volta che cadiamo di nuovo fuori dall’attenzione, semplicemente ritorniamo.  Questo è il nostro esercizio. Allo stesso modo, ogni volta che passiamo attraverso questo processo di perdere e guadagnare attenzione, non è una cosa negativa. In effetti, è l’intero scopo della pratica. È l’intero processo di “avanti e indietro” che rafforza e costruisce la nostra capacità di attenzione.

Questo è uno studio che dura tutta la vita, quindi anche se abbiamo svolto anni di questa pratica, c’è ancora infinitamente di più che non comprendiamo, perché non c’è fine a questo tipo di conoscenza. Non c’è mai un punto in cui possiamo dire: “Ok, ora sono risvegliato”. Siamo sempre dei principianti. Ogni giorno, ogni momento, dobbiamo mantenere l’atteggiamento di un principiante.

Koichi Tohei Sensei ha sempre detto che lo scopo ultimo della nostra pratica è di “diventare uno con l’universo”. “In altre parole, siamo qui per risvegliarci alla nostra vera condizione. E così, un modo ragionevole di guardare a questo è di essere naturale. Quando sappiamo per cosa siamo qui, allora possiamo essere in grado di vedere come tutto serve a quello scopo. Tohei Sensei non sta dicendo che il nostro scopo dovrebbe essere quello di diventare uno con l’universo.  Sta dicendo che questo E’ lo scopo della vita. Per esempio, non diciamo che “dovremmo” fare certe scelte, perché in ogni momento, qualunque cosa stia accadendo, alla fine c’è sempre lo stesso scopo.  Questo scopo è quello di risvegliarci a ciò che serve questa vita. Questo significa che ogni momento è ugualmente importante.  Ogni persona, ogni caso, ogni situazione, è ugualmente importante.  

Quando inizieremo a vivere con l’immediatezza della nostra consapevolezza naturale, forse potremo iniziare a vedere come questo scopo è tutto ciò di cui possiamo essere incredibilmente grati.